SIMULAZIONE, MA SERVE DAVVERO...

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SIMULAZIONE, MA SERVE DAVVERO...

dal blog Simulazionemedica.com di Francesco Dojmi

SIMULAZIONE, MA SERVE DAVVERO...

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La simulazione sanitaria è ormai una metodica ampiamente utilizzata in tutte le fasi formative dei professionisti sanitari sia per quanto riguarda l’apprendimento delle abilità tecniche e procedurali sia per l’acquisizione delle abilità non tecniche di tipo cognitivo, organizzativo, comunicativo ed in generale per migliorare il lavoro in team e le capacità di leadership.

Come facciamo ad essere sicuri che le competenze individuali acquisite dagli operatori durante le sessioni di simulazione in situ o presso un centro di simulazione portino ad un effettivo miglioramento dei processi e dei sistemi?

Mentre infatti siamo quasi certi che il nostro impegno di facilitatori e debriefer durante lunghe sessioni di di simulazione sia sufficiente a migliorare le competenze individuali dei nostri partecipanti poiché possiamo facilmente riscontrarlo già nelle simulazioni successive, siamo altrettanto certi che queste competenze entreranno stabilmente a far parte del sistema migliorandolo?

La formazione dei singoli e del gruppo che effetti avrà sul sistema? Questa è una domanda che spesso ci poniamo. Ma proviamo a farci un’altra domanda partendo da una base diversa: ma se invece iniziassimo a preoccuparci e a focalizzarci più sulle esigenze del sistema, sui risultati che vogliamo ottenere in termini di miglioramento più che del raggiungimento delle competenze da parte del gruppo e dei singoli, cosa accadrebbe?

Queste sono alcune delle domande alla base di un recente articolo (Translational simulation: not where?’ but ‘why’ A functional view of in situ simulation. Victoria Brazil – Advances in Simulation 2017 2:20) che si è posta una ricercatrice australiana che cerca di dare una definizione più completa di simulazione al di là delle categorizzazioni attuali, simulazione ad alta fedeltà, simulazione in situ, simulazione in centro, simulazione interprofessionale, focalizzandosi invece sulla sua funzione, cioè quella di portare un reale miglioramento dei processi e dei risultati dell’assistenza sanitaria. Il lavoro cerca di spostare l’attenzione dai processi attraverso i quali viene condotta la simulazione ai risultati sull’assistenza ai pazienti e ai sistemi.

Nell’articolo si citano i frequenti e definiti dall’autrice inutili dibattiti sulle modalità di erogazione della simulazione come ad esempio le superiorità tra i diversi centri di simulazione e anche rispetto alla simulazione in situ che portano inevitabilmente a perdere il contatto con l’essenza funzionale della simulazione, ossia il garantire il miglioramento dei risultati terapeutici, diagnostici e in generale di sistema.

Simulazione quindi focalizzata sugli obiettivi specifici e le priorità dei servizi sanitari indipendentemente dalle modalità di erogazione e dalla sua posizione nel panorama formativo.

L’autrice quindi conia la definizione di simulazione traslazionale, modalità capace di focalizzare l’attenzione sui risultati che il processo formativo apporta ai pazienti e ai sistemi, mettendo un momento da parte le modalità e i processi con cui viene effettuata.

Nella simulazione traslazionale l’istruzione e la formazione sono strettamente correlate a obiettivi tangibili e ai risultati al di là del miglioramento delle conoscenze o della abilità individuali. Formare un intero team alla gestione della crisi, alla comunicazione ecc. siamo certi che produrrà un miglioramento del sistema? Un gruppo di persone istruite basterà a produrre miglioramenti nel sistema? No se la direzione delle attività di simulazione non viene orientata in un modello integrato traslazionale alla ricerca di risultati sanitari e non solo come metodo formativo di singoli o di gruppo.

In quest’ottica, in un programma di simulazione traslazionale si identificano i problemi che impediscono di arrivare a livelli assistenziali eccellenti e si valutano via via i risultati ottenuti in risposta agli interventi formativi. Ovvero, quali cambiamenti potremo fare che pensiamo portino ad un miglioramento?

Questo deve essere fatto in maniera specifica e focalizzata, spesso infatti, ricorda l’autrice, durante i programmi di simulazione si vanno ad affrontare troppi obbiettivi, chiediamoci, cosa stiamo cercando di realizzare?

Un esempio citato nell’articolo è quello in cui come dopo il riscontro di infezioni dovute all’inserimento di linee centrali l’approccio mirato della simulazione (traslazionale) per l’addestramento alla procedura abbia ridotto il tasso di infezioni ben diverso dall’insegnamento generico della stessa procedura non correlato a necessità, obiettivi e risultati.

La simulazione traslazionale si presta molto bene per interventi mirati su procedure e processi specifici, ad esempio controllo delle checklist, protocolli di trasfusione ecc.

La progettazione di queste simulazioni si concentrerà inevitabilmente sui sistemi e sui processi piuttosto che sulle conoscenze, abilità individuali e di gruppo. Il focus è sul sistema e sul risultato piuttosto che sul partecipante e il suo apprendimento individuale.

Va però da solo il fatto che il raggiungimento di una migliore cultura e professionalità della squadra e dell’individuo arriverà sicuramente come effetto secondario della simulazione anche se aggiunge l’autrice è meno facile da misurare.

La simulazione traslazionale a questo punto prescinde anche dalle sue modalità di erogazione, infatti anche se la simulazione in situ è vista al momento come una sorta di panacea, se gli obiettivi sanitari possono essere raggiunti anche in un centro di simulazione tradizionale perché non svolgere le attività nel centro? La ricercatrice introduce il concetto che la simulazione traslazionale non implica un luogo ma piuttosto una funzione.

Il sito di svolgimento di un programma di simulazione dovrebbe essere dato dall’allineamento delle attività funzionali, dalle specifiche dell’ambiente, dalle caratteristiche del team per soddisfare gli obiettivi di miglioramento.

Per una migliore riuscita delle attività di simulazione nel sostenere una misurazione disciplinata dei risultati è necessaria, prosegue l’articolo, l’integrazione formale delle attività all’interno di un quadro istituzionale per il miglioramento della qualità e della governance oltre che allinearsi con le priorità a livello di politica organizzativa e sanitaria.

Gli obiettivi per la simulazione traslazionale, quindi, visti in quest’ottica devono essere quelli che contano per i pazienti e i servizi sanitari.

La simulazione traslazionale quindi per dare il meglio richiede relazioni strette con la governance clinica e i servizi di miglioramento della qualità nelle istituzioni sanitarie.

Concludendo, questa stimolante visione della simulazione a mio avviso rappresenta un approccio globale non proprio scontato su cui riflettere che talvolta stride con alcune eccessive personalizzazioni e vaghi utilizzi di questa complessa ma affascinante metodica.

Grazie a Francesco Dojmi dal blog Simulazionemedica.com, articolo originale disponibile a questo link

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