Il tratto ST nell’ECG: significato fisiologico e implicazioni cliniche

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Il tratto ST nell’ECG: significato fisiologico e implicazioni cliniche

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L’elettrocardiogramma (ECG) è uno degli strumenti diagnostici più importanti e utilizzati nella pratica clinica. Nato agli albori del XX secolo grazie al lavoro pionieristico di Willem Einthoven, che nel 1924 vinse il Premio Nobel per la Fisiologia o Medicina per le sue scoperte relative al meccanismo dell’elettrocardiogramma, l’ECG è diventato rapidamente uno strumento imprescindibile nella diagnosi delle malattie cardiovascolari. Ogni anno, milioni di ECG vengono eseguiti in tutto il mondo, e si stima che quasi ogni paziente ospedalizzato ne riceva uno durante il ricovero. La capacità dell’ECG di rilevare anomalie elettriche del cuore lo rende uno strumento indispensabile per la gestione di patologie critiche come l’infarto miocardico e le aritmie.

Il tratto ST: definizione e significato fisiologico
Il tratto ST è una componente cruciale dell’ECG, rappresentando l’intervallo che segue il complesso QRS e precede l’onda T. Esso riflette la fase del plateau del potenziale d’azione dei miociti ventricolari, durante la quale le cellule cardiache sono in una fase di depolarizzazione prolungata. In un ECG normale, il tratto ST è generalmente isoelettrico, ovvero si trova a un livello simile alla linea di base, e la sua durata varia tra 0,08 e 0,12 secondi. L’isoelettricità del tratto ST è indicativa di un equilibrio tra la corrente depolarizzante e la corrente ripolarizzante nelle cellule ventricolari.
L’importanza clinica del tratto ST risiede nella sua capacità di indicare l’integrità del miocardio. Infatti, alterazioni del tratto ST possono suggerire ischemia miocardica, lesioni subendocardiche o transmurali, nonché condizioni come la pericardite, l’iperkaliemia e la sindrome di Brugada. La corretta interpretazione del tratto ST richiede una comprensione approfondita del contesto clinico e delle caratteristiche specifiche dell’ECG.

Alterazioni del tratto ST: diagnosi differenziale
Le deviazioni del tratto ST dalla linea isoelettrica sono uno dei più potenti indicatori di patologia cardiaca, in particolare ischemica. Le alterazioni del tratto ST possono essere classificate principalmente in sopraslivellamenti e sottoslivellamenti, ognuno con implicazioni cliniche distinte.

Sopraslivellamento del tratto ST
Il sopraslivellamento del tratto ST è comunemente associato a infarto miocardico acuto (IMA), in particolare quando il sopraslivellamento è di almeno 1-2 mm in almeno due derivazioni contigue. Questo tipo di alterazione riflette una lesione transmurale in cui l’intera parete miocardica è interessata dal danno. Tuttavia, è importante considerare anche altre condizioni che possono causare sopraslivellamento del tratto ST, come la pericardite acuta, dove il sopraslivellamento è generalmente diffuso in più derivazioni e accompagnato da altri segni come il sottoslivellamento del segmento PR. La sindrome di Brugada è un’altra causa meno comune di sopraslivellamento del tratto ST, caratterizzata da un particolare pattern ECG a forma di coperchio di bara nelle derivazioni V1-V3, spesso associato a un rischio elevato di morte cardiaca improvvisa.

Sottoslivellamento del tratto ST
Il sottoslivellamento del tratto ST è tipicamente indicativo di ischemia subendocardica, dove il danno è limitato alla porzione interna del miocardio. Questo tipo di alterazione può essere osservato durante episodi di angina instabile, in particolare se associato a sintomi clinici di ischemia. Inoltre, il sottoslivellamento del tratto ST può manifestarsi in condizioni come l’ipertrofia ventricolare sinistra, spesso associato a un’onda T negativa e asimmetrica, e nella sindrome da ripolarizzazione precoce, sebbene in quest’ultimo caso l’alterazione sia considerata benigna e non associata a ischemia miocardica.

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