Farmaci antipertensivi: meccanismi di azione e classificazione

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Introduzione agli antipertensivi
L’ipertensione arteriosa rappresenta una delle principali cause di morbilità e mortalità a livello globale, contribuendo significativamente allo sviluppo di patologie cardiovascolari quali infarto del miocardio, ictus e insufficienza renale. In Italia, la prevalenza dell’ipertensione è stimata intorno al 30-35% nella popolazione adulta, con un aumento progressivo con l’avanzare dell’età. Un adeguato controllo della pressione arteriosa è fondamentale per ridurre il rischio di complicanze, e questo è ottenuto tramite trattamento farmacologico, accanto alle modifiche dello stile di vita che devono rappresentare sempre il primo approccio. L’obiettivo principale della terapia antipertensiva è la riduzione della pressione arteriosa a valori target per prevenire danni agli organi bersaglio e migliorare la prognosi a lungo termine.

Classificazione dei farmaci antipertensivi
Gli antipertensivi si suddividono in diverse classi, ognuna con meccanismi d’azione distinti, che permettono un approccio terapeutico personalizzato e sinergico.

Diuretici
I diuretici sono tra i farmaci antipertensivi più utilizzati e si suddividono in tre categorie principali: tiazidici, dell’ansa e risparmiatori di potassio.
-Tiazidici: agiscono inibendo il riassorbimento del sodio a livello del tubulo distale del nefrone, promuovendo l’escrezione di sodio e acqua, riducendo così il volume plasmatico e la pressione arteriosa. Un esempio comune è l’idroclorotiazide.
-Diuretici dell’ansa: come la furosemide, sono utilizzati principalmente in pazienti con insufficienza renale o scompenso cardiaco, poiché inibiscono il riassorbimento del sodio a livello dell’ansa di Henle.
-Risparmiatori di potassio: agiscono bloccando i canali del sodio nel tubulo collettore, riducendo l’escrezione di potassio. Un esempio è la spironolattone, utile anche nei pazienti con iperaldosteronismo inibendo l’azione di tale ormone.

Beta-bloccanti
I beta-bloccanti, come il bisoprololo e il metoprololo, riducono la pressione arteriosa diminuendo la frequenza cardiaca e la contrattilità miocardica, bloccando i recettori beta-adrenergici. Sono particolarmente indicati nei pazienti con patologie concomitanti come angina, infarto del miocardio pregresso e alcune aritmie, diminuendo le richieste metaboliche del muscolo cardiaco.

Inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ace-inibitori)
Gli ace-inibitori, come l’enalapril e il ramipril, agiscono inibendo l’enzima di conversione dell’angiotensina, riducendo la formazione di angiotensina II, un potente vasocostrittore. Questo meccanismo porta a vasodilatazione e riduzione della resistenza vascolare periferica. Gli ace-inibitori sono particolarmente utili nei pazienti con insufficienza cardiaca, nefropatia diabetica e post-infarto.

Altre classi di farmaci antipertensivi
Bloccanti del recettore dell’angiotensina II (ARB)
Gli ARB o sartani, come il losartan e il valsartan, bloccano direttamente i recettori dell’angiotensina ii, prevenendo la vasocostrizione e la ritenzione di sodio; sono spesso utilizzati nei pazienti che non tollerano gli ace-inibitori a causa della tosse secca come seconda scelta.
Calcio-antagonisti
I calcio-antagonisti, divisi in diidropiridinici (amlodipina) e non diidropiridinici (verapamil), bloccano i canali del calcio nelle cellule muscolari lisce vascolari, inducendo vasodilatazione riuscendo ad abbassare la pressione arteriosa.

Altri farmaci
-Alfa-bloccanti: come la doxazosina, riducono la resistenza vascolare periferica bloccando i recettori alfa-adrenergici.
-Farmaci ad azione centrale: es. clonidina, riducono il tono simpatico centrale, abbassando la pressione arteriosa.

Questa classificazione e comprensione dei meccanismi d’azione dei farmaci antipertensivi permettono di ottimizzare la scelta terapeutica in base alle caratteristiche individuali del paziente, migliorando così l’efficacia del trattamento e riducendo il rischio di effetti collaterali.

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